Correttamente si chiama “il tequila” ed è lo spirito del Messico: distillato dall’agave blu, in origine era prodotto solo nella località che gli ha dato il nome: Tequila appunto, nello stato di Jalisco. Il nome Tequila oggi indica una Denominazione di Origine Controllata, riconosciuta internazionalmente e designa l’acquavite di agave con gradazione alcolica di 40-45 gradi e ottenuta tramite doppia distillazione in alambicco discontinuo. Per avere il nome di Tequila il prodotto deve essere fabbricato in Messico e contenere almeno un 51% di distillato di agave blu. Al distillato si può mescolare lo sciroppo di mais o la canna da zucchero ed esiste ancora uno sciroppo di agave contenente caramello per dare più sapore; in questo caso si parla di “misto”. Ci sono infine cinque tipi di tequila, a seconda del periodo di invecchiamento (che avviene in barili di quercia). Sempre dall’agave, ma da piante che producono un succo meno profumato, viene anche prodotto il mezcal ( il nome indio dell’agave), caratteristico della regione di Guadalajara e di Oaxaca. La particolarità del distillato è la presenza sul fondo della bottiglia, affogato nell’alcol, del bruco che vive all’interno della pianta e che viene raccolto con cura dai jimadores. Per gli europei la vista del bruco che fluttua nel distillato non è sempre piacevole; in Messico invece è un grande onore bere l’ultimo bicchiere, masticando la larva. Secondo la tradizione popolare donerebbe infatti vigoria sessuale. Da non dimenticare: non si può bere il tequila messicano senza osservare i canoni della tradizione. Sono cinque passaggi da seguire:
leccarsi il dorso della mano e spargervi del sale; leccare il sale; tagliare una fettina di limetta, il piccolo limone verde e succhiarlo; bere un sorso di tequila molto abbondante, quanto un bicchierino; leccare di nuovo il sale sulla mano
Dopo queste operazioni lo stomaco diventa rovente. E così si deve per forza mangiare qualcosa se si vuole continuare. Lo stesso rito vale anche per il mezcal. Salute!